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Scritto da padre Eddy Boy Fuentes | Categoria: A proposti di Noi

Qualche anno fa, mentre interagivo con un gruppo di giovani, chiesi loro cosa provassero riguardo alla presenza di Gesù nell'Eucaristia. Con mia grande sorpresa, sebbene credessero nella presenza di Gesù nell'Eucaristia, era una Presenza Simbolica quella in cui credevano e non una Presenza Reale. Precisamente l'insegnamento e il credo della Chiesa cattolica è questo: credere nella Presenza Reale di Gesù nell' Eucaristia.

Allora come si fa a capire il pane e il vino, che sono cose del tutto naturali, trasformati nel Corpo e nel Sangue di Cristo? 

Per comprendere questo dobbiamo conoscere due importanti concetti usati in filosofia: la Sostanza e gli Accidenti.

Per semplificare, vorrei usare l' esempio di una sedia rossa.

Gli accidenti della sedia sono cose esterne – il suo colore, la dimensione, ecc. - e possono essere facilmente cambiati. Posso dipingere la sedia di giallo in qualsiasi momento.

 La Sostanza, o essenza, invece, si riferisce alle proprietà che danno a un oggetto la sua identità di base, definisce ciò che è fondamentalmente.

Una sedia è nella sostanza, o nell' essenza, diversa da un tavolo. Non posso trasformare così facilmente un tavolo in una sedia, vero?

Nell'Eucaristia gli accidenti dell'ostia sono la sua materia cioè il grano, il colore bianco, la forma rotonda, similmente per il vino è la forma liquida, il colore rosso, il sapore, ecc.

Come sostanze prima della consacrazione, sono solo una semplice ostia e vino rosso ordinario.

Nella concezione teologica della Chiesa, nell'atto di consacrazione durante l'Eucaristia, la "sostanza" del pane e del vino viene trasformata dalla potenza dello Spirito Santo nella "sostanza" del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo. Allo stesso tempo, gli "accidenti" o le apparenze del pane e

del vino rimangono gli stessi. Ciò che sembra essere pane e vino è ora il Corpo e il Sangue di Cristo, a livello di "sostanza" o realtà più profonda. Questo passaggio di sostanza dal pane e dal vino rispettivamente al Corpo e al Sangue di Cristo si chiama "Transustanziazione". 

Secondo la nostra fede cattolica, possiamo parlare di presenza reale di Cristo nell'Eucaristia perché è avvenuta questa transustanziazione (cfr. Catechismo, n.1376).

Ci sono occasioni in cui anche gli accidenti del pane e del vino sono cambiati, come i

miracoli eucaristici avvenuti.

Siamo chiamati soprattutto alla fede nel fatto che (come rivelato dal Signore stesso)

l'Eucaristia, la Santa Comunione di cui prendiamo parte, è in realtà accoglienza del Corpo, del

Sangue, dell'Anima e della Divinità di Gesù Cristo, tutto intero e intero, nel suo stato glorificato.

Non prendiamo parte a un simbolo; l'Eucaristia è veramente il Signore. Né è un “pezzo” della sua carne; è Cristo, tutto intero. La Scrittura lo attesta in molti luoghi: Gv 6,51; 1 Cor 11,29; 1 Cor10,16; Lc 24,35; Lc 22, 19-20.

Quindi, poiché Cristo ha preso nelle sue mani il pane comune e il vino che erano sulla tavola, affinché le sue parole siano vere dobbiamo concludere che queste parole hanno cambiato la realtà oggettiva, cioè hanno cambiato il pane nel Corpo di Cristo e il vino nel suo Sangue, mentre ciò che appariva ai sensi rimaneva immutato. diretto e immediato di Dio gli è insostenibile «Avrai così quanto hai chiesto al Signore tuo Dio, sull'Oreb, il giorno dell'assemblea, dicendo: Che io non oda più la voce del Signore mio Dio e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia» (Dt. 18,16), il popolo non può reggere il confronto faccia a faccia con Dio. Ciò che definisce il profeta è il verbo ascoltare, il profeta ascolta Dio e il popolo il profeta «Se qualcuno non ascolterà le parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto» (Dt. 18,19), perché egli parla a nome di Dio e non può parlare in nome di altri o dire cose da sé a pena di morire (Dt. 18,20) tanto che, la parola che il profeta annuncia è costitutiva e vitale. 

    L’identità del profeta è data dunque dalla sua relazione con Dio e, la veridicità della sua parola dal fatto che il messaggio che annuncia si realizza (Dt. 18,21-22), anche a distanza di molto tempo. Isaia in merito ci offre dei versetti memorabili, da farne tesoro, così dice il Signore «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is. 55,10-11). In conclusione, da questo testo possiamo apprendere che, mentre negli altri popoli il rapporto con la divinità non si dà nell’ambito di una relazione personale, in Israele il profeta entra in relazione personale con Dio per portare a compimento i Suoi progetti. Pertanto, il Dio d’Israele è un Dio che si rivela e non si lascia rinchiudere nelle maglie del prefissato «la sua volontà è frutto della relazione e i suoi profeti sono uomini che parlano e uomini della Parola»1.

 

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