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Scritto da Marianna Bandinu | Categoria: Bibbia  |  Pubblicato il 10/06/2024

Il terzo profeta che andiamo a toccare, contemporaneo del Proto-Isaia e di Osea, è il profeta Michea, un contadino originario di Morèset, chiamato da Dio alla profezia. Dal  titolo del libro, che porta il suo stesso nome, lo sappiamo come destinatario della «parola» e della «visione», cosi si afferma: «Parola del Signore, rivolta a Michea di Morèset, al tempo di Iotam, di Acaz e di Ezechia, re di Giuda. Visione che egli ebbe riguardo a Samaria e a Gerusalemme» (Mi 1,1).
Il nome stesso del profeta, porta un chiaro messaggio espresso in forma di domanda: «Chi è come JHWH?». Dal significato del nome vengono messi in luce due aspetti del profeta che si scorgono all’interno dell’opera. Il primo aspetto vuole evocare la sua indole contestatrice, scaturita dall’amore che egli ha per la giustizia. Infatti, Michea è chiamato a mettere in luce il peccato e la corruzione del popolo che il Signore gli fa vedere con i suoi occhi, difedendo i diritti dei più deboli.
Un secondo aspetto richiama l’unicità di Dio, manifestata nella sua immensa misericordia. Nessuno è paragonabile al Signore, non solo per la sua potenza, ma la grandezza del Signore è inarrivabile nella sua misericordia, egli dice: «Quale Dio è come te, che perdoni l'iniquità e passi sopra alla colpa del resto della tua eredità? Egli non serba la sua ira per sempre, perché si compiace di usare misericordia» (Mi 7, 18).


Nel libro, gli autori individuano un’alternanza tra oracoli di denuncia ed oracoli di salvezza. Il profeta, se da una parte denuncia con vemenza, e contesta ciò che nella sua comunità non funziona smascherando l’ingiustizia commessa da coloro che detengono la ricchezza e il potere, dall’altra annuncia la salvezza per il popolo, offrendo sostanzialmente nella parte conclusiva del libro, un messaggio di speranza nella misericordia del Signore: «Egli tornerà ad avere pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati» (Mi 7,19).
La denuncia di Michea è sempre molto concreta. Questa è rivolta contro il potere religioso, che invece di proteggere i più deboli, i poveri, ricerca il proprio vantaggio economico. Purtroppo, anche coloro che si arrogano del dono della profezia non presentano la volontà del Signore, essi sono i falsi profeti, che mirano al potere, e pur di arricchirsi appoggiano coloro che opprimono il popolo.
Costoro, dovranno rispondere di questo riprovevole comportamento davanti al Signore, poiché, non sono i sacrifici o i riti a procurare la salvezza, ma solo la ricerca della giustizia, unita alla misericordia e all’umiltà. Le parole del profeta sono forti e chiare, ed indicano la strada che l’uomo deve compiere per tornare a Dio: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mi 6,8).
Pertanto, gli oracoli di denuncia del profeta, non sono fini a se stessi, essi aprono alla speranza, e sono un mezzo per riportare il popolo ad avere un comportamento umile e corretto nel rapporto col Dio dell’alleanza, un Dio che entra in causa con il suo popolo per accordare il perdono al partner infedele. Dio punisce perché ama la relazione con il suo popolo, ma, con lo stesso amore, perdona pienamente il peccato e le ingiustizie d’Israele. E’ su questa fedeltà che si fonda la speranza che Michea vuole trasmettere a tutti i popoli, quando annuncia un futuro di salvezza che si concretizzerà nel pellegrinaggio di tutti i popoli a Gerusalemme, nel dono del Re-Messia e della pace messianica: «Egli stesso sarà la pace!» (Mi 5,4).


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